mercoledì 1 agosto 2012

Dialogo nel buio

Dove: Istituto dei Ciechi, Via Vivaio 7, Milano
Quando: la mostra riapre il 14 settembre 2012 dopo la pausa estiva
Ingresso: Euro 15.00
Sito web: http://www.dialogonelbuio.org/ 


Se al ritorno dalle vacanze volete provare un’esperienza unica vi consiglio di prenotare, per quando riaprirà a settembre, Dialogo nel buio, il percorso sensoriale proposto dall’Istituto dei Ciechi nel quale si è accompagnanti da guide non vedenti. L’iniziativa ha avuto un successo enorme non solo a Milano, ma anche nelle altre città del mondo in cui è diffuso, tra cui New York, Shanghai, Seoul, Tokyo, Vienna.
Non è facile spiegare cosa sia Dialogo nel buio, o farlo rientrare in una categoria. Dialogo nel buio è una mostra in cui non si vede assolutamente niente, ma si può toccare tutto. E’ un percorso sensoriale nel quale uno dei sensi, la vista, è completamente bandito, mentre gli altri quattro sono sovrastimolati, e quindi utilizzati e scoperti come mai capita nella vita di tutti i giorni.
Il buio iniziale del percorso è spiazzante, ci fa sentire totalmente impacciati , privati così all’improvviso del senso su cui facciamo più affidamento, ma subito la voce rassicurante e amica della guida ci accoglie in un piccolo mondo in cui le cose si sentono in modo diverso. Sicuramente in modo più intenso.
Gli ambienti che si attraversano sono ricreati con grande maestria: veri alberi, vere automobili, un vero ponte oscillante, tutto a grandezza naturale, tutto con i suoi odori, con i suoi rumori, la sua particolare texture.
Accompagnati dal passo sicuro della guida si arriva infine al tavolo di un bar, attorno al quale ci si siede, naturalmente sempre al buio. E’ il momento delle osservazioni e delle domande, il momento in cui si scopre come lo stesso percorso sia in grado di suscitare riflessioni tanto profonde e tanto differenti, di come ogni persona dia alla stessa esperienza significati tanto diversi.
Di fatto Dialogo nel buio è un percorso identico per tutti, ma l’esperienza che ognuno ne fa è completamente personale, unica e memorabile.

Oltre a Dialogo nel buio, l’Istituto dei Ciechi propone anche aperitivi e cene al buio, laboratori didattici, visite per aziende, Teatro al buio e Arte del tatto, una mostra tattile in cui si esplorano con le mani alcuni capolavori della scultura mondiale.
Inoltre, dal 2011 Dialogo nel buio è presente anche a Genova.



martedì 17 luglio 2012

Urbi et orti


Dove: Feltrinelli, Piazza Piemonte 2, Milano
Quando: Da 03 luglio al 31 agosto 2012, lunedì 12.00-21.00, da martedì  a giovedì 10.00-21.00, venerdì e sabato 10.00-23.00, domenica 10.00-20.00
Ingresso: gratis
Sito web: http://alessandrovinci.it/news/

Quando arrivano il caldo e le belle giornate aumenta la voglia di mangiare frutta, verdura e cibi sani, possibilmente coltivati in modo biologico o, ancora meglio…proprio da noi stessi!

Non poteva quindi arrivare in un momento dell’anno migliore “Urbi et orti”, una simpatica mostra fotografica dedicata completamente agli orti urbani e a chi, nel tempo libero e dopo il lavoro, si dedica al suo piccolo appezzamento di terra nel cuore di Milano.


Due fotografie della mostra.
La mostra, allestita in una piccola sala all’ultimo piano della libreria Feltrinelli di Piazza Piemonte, risulta difficile da raggiungere poiché nei piani inferiori della libreria- quelli più frequentati- non vi è alcuna segnalazione che richiami l’attenzione sulla mostra all’ultimo piano. Quando sono andata a vederla ero l’unica persona davanti a quelle fotografie. E questo è un peccato. 
Chi entra per acquistare un libro non ha modo di accorgersi che al terzo piano c’è una mostra che potrebbe regalare dieci minuti di piacevole relax, o dare qualche buona idea per un piccolo orto fai-da-te.

Le fotografie esposte fanno tutte parte del lavoro di Alessandro Vinci, che ha voluto documentare come nella città del traffico, del business e dello smog, si trovino ancora tempo e spazio per creare dei piccoli angoli di verde, capaci di offrire ortaggi ma anche grandi soddisfazioni.
Il reportage mostra come medici, operai, impiegati o architetti, indistintamente dalla loro professione dedichino il tempo libero alla cura del loro orto, spesso ricavato da campi o piccoli terreni dentro o ai margini della città. 
La scoperta più interessante è che in questi orti urbani - dove tutti sono muniti di guanti, rastrello, paletta e di vestiti un po’ sporchi di terra - nascono nuove forme di aggregazione e un nuovo senso di comunità.

L’interessante di questa mostra, troppo poco vista perché troppo poco conosciuta, non sta nella bellezza delle fotografie o nel loro valore artistico, ma nella naturalezza e semplicità che esse esprimono e nella loro capacità di mostrare la realtà degli orti urbani proprio per quello che è: un hobby, un impegno, un momento di incontro, uno scorcio di verde inaspettato e un po’ disordinato, spesso circondato dagli edifici di una grande città.

sabato 12 maggio 2012

Marlene Dumas

Dove: Fondazione Stelline, Corso Magenta 61, Milano
Quando: da 13 marzo a 17 giugno 2012, da martedì a domenica 10.00-20.00

Ingresso: Euro 8.00

Sito web:www.stelline.it



Alla Fondazione Stelline sono esposte 21 recentissime opere di Marlene Dumas, artista nata in Sud Africa ma olandese di adozione.



I dipinti, tutti realizzati tra il 2011 e il 2012, sono perfettamente rappresentativi delle due maggiori tematiche ricorrenti nella produzione artistica della Dumas: la crocefissione e la raffigurazione di persone famose tormentate da sofferenze estreme, quelle che l’artista chiama “people in extreme suffering”. Fanno parte di quest’ultimo campo di indagine artistica i ritratti di Pasolini, Etta James ed Emy Winehouse.

E’ molto interessante scoprire alcuni dipinti che raffigurano i luoghi e le persone del passato del Palazzo delle Stelline. L’edificio in cui si tiene la mostra in passato era infatti la sede del famoso collegio delle giovani orfane – le “Stelline” –  di Milano.  Si scopre così che l’artista ha soggiornato a Milano e che dopo essere rimasta colpita dalle foto d’epoca dell’archivio delle Stelline, ha voluto dedicare alcuni dipinti proprio a quel collegio e a quelle che erano state le sue piccole ospiti.
Abbiamo quindi in mostra Angels in uniform, opera che raffigura un gruppo di bambine in camice bianco, dai visi appena delineati, simili a fantasmi - o forse al ricordo - della giovinezza di molti. Abbiamo poi i ritratti di due Stelline e un interno del cortile del Palazzo, riconoscibile anche per chi vi si è recato per la prima volta in occasione della mostra.

 Per chi ha un po’ di tempo a disposizione è sicuramente interessante guardare il film Miss interpreted proiettato al piano interrato dello spazio espositivo, dove l’artista racconta se stessa e la proprio arte.  Il video dura in totale 63 minuti, ma anche se visto solo in parte è un ottimo strumento per scoprire Marlene Dumas.

Per finire, la maggior parte delle opere esposte sono del tutto inedite, motivo in più per non farsi sfuggire la mostra.




mercoledì 18 aprile 2012

Ai Weiwei


Dove: Lisson Gallery, Via B. Zenale 3, Milano
Quando: da 12 aprile a 25 maggio 2012, da lunedì a venerdì 9.30-13.00 e 15.00-18.00
Ingresso: gratuito

Negli spazi raccolti e bianchissimi della Lisson Gallery è da pochi giorni aperta la mostra dedicata alla produzione in ceramica e marmo di Ai Weiwei, famoso artista di Pechino noto soprattutto per le sue coraggiose denunce contro il sistema e il governo cinesi.
A causa del suo blog e delle sue attività on-line di opposizione al regime, è stato incarcerato per alcuni mesi nel 2011 ed è tutt’oggi agli arresti domiciliari.

L’esposizione alla Lisson Gallery è molto contenuta, consta infatti di soli cinque lavori in ceramica e uno in marmo collocati in parte nello spazio interno della galleria e in parte nel bellissimo giardino retrostante. Se la quantità - davvero esigua - può risultare deludente, la qualità delle opere è indiscutibile sia dal punto di vista artistico che da quello artigianale.

Molta della produzione di Ai Weiwei è di fatto realizzata da artigiani, e utilizzata dall’artista come ready-made pronto da colorare o da distruggere in mille pezzi davanti al pubblico.
Ma alla mostra della Lisson Gallery ogni singolo pezzo è prodotto a mano dall’artista stesso condensando perfettamente in ognuno di essi tradizione e innovazione, passato e contemporaneità.
Ai Weiwei, da sempre attento alle problematiche sociali e alla contemporaneità in generale, lavora però con materiali antichissimi come il marmo e la porcellana. Nel totale rispetto della tradizione e degli altissimi standard decorativi della lavorazione di questi materiali, l’artista cinese crea opere che per forme, colori, texture e superfici sono quanto di più contemporaneo ci si possa immaginare. Una riproduzione in lucida ceramica nera (Oil spill, 2006) di pozzanghere di petrolio che sembrano vere. Due angurie, realizzate anch’esse in ceramica e assolutamente realistiche (Watermelons, 2006) sulla cui superficie sono dipinti e incisi simboli che richiamano gli antichi caratteri cinesi. Una particolare reinterpretazione di un vaso del periodo Yuan (Ghost Gu, 2007), un enorme piatto di marmo decorato come se fosse un soffice pezzo di stoffa (Marble plate, 2010)e infine, nel giardino, un enorme vaso alto più di due metri (Pillar, 2006) e alcune sfere di lucidissima porcellana blu (Bubble, 2008) capaci di riflettere luci e colori dell’ambiente circostante.

Il personale gentile e la straordinaria quiete e bellezza del cortile interno nel quale termina la mostra, rendono questa visita tra le opere del famoso artista cinese ancora più piacevole.

sabato 7 aprile 2012

"L.O.V.E." Cattelan


Se vi capita di essere di passaggio in zona Milano centro, vi propongo una visita brevissima e a costo zero ai piedi (anzi, alla base, dato che i piedi proprio non li ha) di una scultura che vi darà sicuramente da pensare.

La nostra meta è Piazza degli Affari, un angolo di Milano che pur essendo in pieno centro città, rimane sempre un po’ in disparte, forse perché completamente racchiuso tra gli alti palazzi che lo circondano, o forse perché è uno di quei luoghi un po’ istituzionali, senza svaghi ne’ negozi, in cui si va solo con una ventiquattrore in mano, un Financial Times sotto il braccio e magari qualche azione da controllare in Borsa.
Stavolta però non andiamo lì per controllare gli indici Mibtel e Mib30, ma per dare un’occhiata a L.O.V.E., la scultura monumentale firmata Maurizio Cattelan che si trova dal settembre 2010 al centro della piazza, proprio di fronte all’imponente sede del mercato finanziario italiano.


Fotografia scattata con cellulare (scusate la scarsa qualità dell'immagine) tenendo alle spalle il palazzo della Borsa. 
L.O.V.E. è un’opera pubblica che, come accade sempre con le opere di Cattelan, ha suscitato grandi polemiche per ciò che raffigura e soprattutto per il luogo in cui è stata posizionata.
Il significato della scultura, alta ben 11 metri, è ad un primo impatto inequivocabile: una gigantesca mano con il dito medio alzato. Il luogo in cui è stata posta, davanti al fulcro della finanza e dell’economia italiane, sembra rincarare la dose della provocazione. Forse le cose peggiorano ulteriormente, sapendo che Cattelan ha progettato quella specifica scultura proprio per quella piazza, anzi, per quella specifica posizione all’interno della piazza, imponendo addirittura la condizione al Comune di Milano che se l’opera fosse stata spostata da lì, lui se la sarebbe ripresa per farne altro uso. Un vero esempio di opera site specific.

Ma tutto lo scandalo del “dito medio” che è scoppiato sui giornali nei giorni successivi all’installazione di L.O.V.E. è davvero fondato? Quella è davvero solo una mano che fa il solito gesto poco carino? E siamo sicuri che il gesto lo stia facendo proprio alla Borsa, e quindi alle istituzioni, come si leggeva su tutti i quotidiani in quei giorni del 2010?
Queste sono solo alcune delle domande per cui vale la pena passare cinque minuti davanti a L.O.V.E., riflettendo sulle risposte che potremmo darci, con la consapevolezza che non per forza si deve arrivare a una risposta definitiva.
Questo è il bello dell’arte. Si dice che l’arte migliore sia quella che pone molte domande senza dare risposte, quella che ha molte interpretazioni, tutte plausibili eppure tutte un po’ sfuggenti. E Cattelan è esperto in questo.

Tornando alla nostra mano: prima di tutto è da notare che non è una mano chiusa a pugno col dito medio alzato, ma una mano a cui sono state tagliate via tutte le dita tranne il medio.  
Inoltre, presumendo ancora che si tratti di un gestaccio, dato che il palmo è rivolto verso la Borsa e il dorso verso la città in generale, sembrerebbe che sia la Borsa stessa ad alzare il dito medio contro la città e non il contrario, come sembrava all’inizio leggendo certi articoli.
Ma a chi sarebbe rivolto questo gestaccio da parte della Borsa? Ai cittadini milanesi? A tutti gli italiani? O forse solo contro chi della finanza ha fatto la sua vita? Di nuovo domande a cui è difficile rispondere.

Il fatto che le dita, per quanto mutilate, sembrino rimandare a una posizione iniziale di mano aperta con le dita distese e abbastanza vicine tra di loro, ha portato alcuni a ritenere che la scultura volesse raffigurare un saluto fascista “mutilato”. Questa interpretazione è avvalorata non solo dal fatto che l’edificio della Borsa venne edificato e inaugurato in pieno periodo fascista, ma anche dal fatto che i materiali usati da Cattelan per L.O.V.E. riprendano esattamente quelli dell’edificio retrostante.
Altre domande sono naturalmente quelle che vi sarete già posti a questo punto della lettura, sul significato del titolo dell’opera:”L.O.V.E.”.
Che sia l’acronimo di qualcosa? O solo una presa in giro dell’artista che si diverte a pensarci indaffarati nel decifrare questo titolo apparentemente insulso? Possiamo fidarci di Francesco Bonami, il critico che ha presentato l’opera, che dice si tratti dell’acronimo di “Love Odio Vendetta Eternità”?

Il fascino di questa scultura monumentale e apparentemente inequivocabile sta proprio nei dubbi che fa sorgere.
Ho letto in un recente numero di Flash Art un’intervista a Massimiliano Gioni, famoso curatore amico stretto e per anni portavoce di Cattelan, dalla quale emerge che nonostante tutto, L.O.V.E. sembra essere una delle opere che peccano di monodimensionalità all’interno della produzione dell’artista.
Quella che per un curatore di fama internazionale è monodimensionalità per noi può essere comunque una sfida interessante, e perché no, uno stimolo per conoscere un po’ meglio il resto della complessa e sempre provocatoria produzione di Cattelan. 

Un ultimo appunto prima di lasciarvi: ho trovato molto curioso (piacevolmente curioso) il fatto che nonostante il grande scandalo mediatico della statua del dito medio, di fatto i cittadini milanesi non sembrano essere particolarmente infastiditi dalla scultura. Molte opere di arte pubblica in passato sono state rifiutate da cittadini di diverse città italiane che si sono messi in moto con raccolte di firme e proteste, ottenendo infine la rimozione delle opere incriminate. Ma i cittadini milanesi che hanno protestato per il dito non sono stati molti. Segno che forse questa scultura a Milano ha davvero un suo motivo di esistere?

martedì 13 marzo 2012

Made in Japan. L'estetica del fare.


Quando: da 3 marzo a 1 aprile 2012, da martedì a domenica 10.30-20.30, giovedì e venerdì fino alle 23.00
Ingresso: Euro 6.00
Sito web: www.triennale.it

Dopo Made in China (marzo 2010) e Made in Africa (marzo 2011), la Triennale di Milano ospita Made in Japan - L’estetica del fare, ultima mostra della trilogia Tasselli d’Arte – Oltre il Cinema.
La mostra vuole essere una riflessione artistica e sociale sul Giappone di oggi e raccoglie opere, installazioni e video di artisti giapponesi e di alcuni artisti occidentali che hanno vissuto a lungo in Giappone e ne conoscono a fondo la realtà.
Se alcune delle opere esposte danno un’idea delle attuali tendenze artistiche giapponesi, altre riescono attraverso oggetti, simboli, colori, materiali e linee ad evocare uno stile di vita, un modo di pensare, un tipo di estetica, una cultura che pur non avendo vissuto in prima persona, riconosciamo subito e percepiamo come palpabile sotto i nostri occhi.

Alcuni aspetti molto enfatizzati dello “spirito giapponese”, inteso a livello di individuo ma anche di collettività, sono quelli della tenacia, della compostezza, del dolore non mostrato, della mentalità fatalista, ben conscia della potenza e dell’imprevedibilità della natura.
Questi sono temi strettamente legati alle catastrofi naturali a cui spesso il Giappone è soggetto: molti sono i riferimenti alla tragedia del terremoto e dello tsunami del 2011. Due lunghi video mostrano immagini tratte da telegiornali e da filmati amatoriali girati durante il disastro e nei giorni successivi. Le scene sono di forte impatto, soprattutto emotivo, e sono tese a mostrare, oltre alla terribile ondata di distruzione e morte che lo tsunami ha causato, la risposta dei giapponesi a un dramma simile: il dolore è mostrato con ritegno, senza lacrime, la distruzione è presa come dato di fatto da cui si deve ripartire, tutti insieme e con coraggio per ricostruire ciò che si è perso.

Questo focus sulla capacità tutta giapponese di rialzarsi con onore dopo eventi disastrosi come quello del 2011 va sicuramente in parallelo a due lodevoli iniziative umanitarie che si mettono in gioco all’interno della mostra.
Una è costituita dal progetto Cha - No - Yu - L’acqua calda per il , che vuole migliorare le condizioni di vita dei degenti dell’ospedale San Carlo attraverso l’arte e i riti della cultura giapponese.
L’altra iniziativa è il progetto Charity Box For Japan, sostenuto da numerosi giapponesi residenti a Milano e consistente nell’esposizione di alcune decine di divertentissime cassette per le offerte, ognuna realizzata da un designer diverso sulla tematica generale del Giappone. Il visitatore è invitato a mettere un’offerta di denaro nella cassetta che ritiene più bella. Tutti i fondi raccolti saranno devoluti al Sendai - Miyagi NPO Center per la ricostruzione dei paesi colpiti dallo tsunami. Questa in particolare mi sembra un’iniziativa originale, che con un approccio leggero e quasi spiritoso coinvolge il pubblico in una raccolta di fondi per una causa serissima e di grande rilievo.



Da 0 a 100, le nuove età della vita.


Quando: da 21 febbraio a 1 aprile 2012, da martedì a domenica 10.30-20.30, giovedì e venerdì fino alle 23.00
Ingresso: Euro 8.00
Sito web: www.triennale.it

Divertente e interessante la mostra Da 0 a 100, le nuove età della vita, arrivata alla Triennale di Milano dopo la sua prima tappa di Bologna.
La mostra presenta in modo semplice e chiaro i cambiamenti che il nostro corpo e la nostra mente subiscono durante le varie fasi della vita, mostrando anche come comportamenti e caratteristiche di ogni fascia di età siano cambiati nel corso dei secoli.
Si tratta di una mostra fortemente didattica, ma comunque piacevole per tutti, adatta a bambini e famiglie, adolescenti, adulti, genitori e nonni. Il titolo Da 0 a 100 potrebbe essere usato non solo per indicare le fasce di età su cui si focalizza il contenuto della mostra, ma anche le fasce di età a cui essa è rivolta: assolutamente tutte.
La mostra fonde scienza e arte, offrendo al pubblico un piacevole alternarsi di opere di rinomati artisti contemporanei e installazioni video che sono spesso di carattere più prettamente documentaristico e scientifico.
L’impronta così didattico-scientifica della mostra rende più difficile le gestione e la presentazione di un vero e proprio progetto artistico per quanto riguarda le opere esposte, ma per chiunque non sia molto in confidenza con l’arte contemporanea questa può essere comunque una buona opportunità per iniziare a conoscere i lavori di artisti come Anish Kapoor, Cindy Sherman, EvanBaden e altri capisaldi dell’arte contemporanea. Le opere esposte sono tutte di grande impatto visivo e immediatamente accostabili alle tematiche scientifiche e antropologiche trattate in parallelo nella mostra. Arte contemporanea quindi, ma facilmente contestualizzabile  e apprezzabile anche dai meno esperti.

giovedì 8 marzo 2012

Ori Gersht e Alexander Tovborg


Dove: Brand New Gallery, Via Farini 32, 20159 Milano
Quando: da 1 marzo a 4 aprile 2012, da martedì a sabato 11.00-13.00 e 14.30-19.00
Ingresso: gratuito
Sito web: www.brandnew-gallery.com

Alla Brand New Gallery sono attualmente esposti, in sale separate, i lavori di due artisti: Ori Gersht e Alexander Tovborg.
  
Still and forever è la prima personale italiana dell’artista israeliano Ori Gersht. I lavori fotografici con cui si viene accolti entrando nella galleria sono alcune nature morte  la cui forza non si esaurisce nella perfezione della composizione e nell'impatto visivo sicuramente spettacolare, ma sta soprattutto nel fatto che esse sono lo strumento e la testimonianza di una profonda indagine sull’ambigua relazione tra perfezione e caos, tra quiete ed improvvisa distruzione. Molte delle nature morte di Ori Gersht richiamano volutamente famose opere di artisti del passato come quelle di Henri Fantin-Latour o di Juan Sànchez Cotan. Gli scatti sono realizzati attraverso tecniche di stop-motion (o di rallentatore nel caso del video Big Bang) che fermano nel tempo gli istanti salienti dell’esplosione con cui l’artista stesso distrugge le sue composizioni. Il procedimento prevede infatti il preventivo congelamento dei fiori e la collocazione al loro interno di una piccola carica esplosiva. 
Si rimane spiazzati nel vedere come nel giro di pochi secondi e in una manciata di immagini, la quiete iniziale di una composizione floreale perfetta e rassicurante, si possa trasformare in un vortice di schegge colorate che schizzano via senza controllo. Il piccolo trauma iniziale provocato nello spettatore dall’esplosione, si trasforma in un senso di meraviglia, ma anche di dubbio, non appena ci accorgiamo di come quel caos, così destabilizzante e inaspettatamente distruttivo, sembri in realtà risplendere, momento per momento, di una sua perfezione, di un fascino pari o addirittura superiore rispetto a quello della composizione iniziale.
Sempre di Ori Gersht sono poi le opere facenti parte della serie Chasing good fortune, realizzate in Giappone e incentrate sul simbolismo legato alla fioritura dei ciliegi. Le fotografie di questa serie raffigurano paesaggi dall’atmosfera postatomica, che richiamano quindi il disastro di Hiroshima e giocano sullo slittamento metaforico che ha subito il significato del fiore di ciliegio in Giappone: da segno di buon auspicio è diventato nel corso del ‘900 simbolo del sacrificio e della “caduta dal cielo” dei soldati kamikaze.
In Chasing good fortune Ori Gersht sembra essersi calato perfettamente nello spirito e nelle modalità di raffigurazione della tradizione giapponese, tanto che se non si avessero informazioni sull’autore, quei paesaggi così simbolici, rarefatti e delicati potrebbero sembrare davvero creazioni di un artista giapponese.

Giverny è la prima personale italiana dell’artista danese Alexander Tovborg. Le sue opere in esposizione fondono astrattismo e figuratività, spazi con geometrie dai colori vivaci ed altri, fortemente intrsopettivi ed intimi, nei toni del bianco e del grigio. Attraverso questi lavori Tovborg articola un racconto di stampo erotico ambientato fittiziamente nel famoso giardino giapponese di Claude Monet. Alcuni dettagli della narrazione si lasciano scorgere tra le geometrie delle opere, ma molto è lasciato all’immaginazione dello spettatore, che può così cogliere non solo l’erotismo, ma anche la spiritualità e la poesia di cui sono pervasi i lavori facenti parte di Giverny.

martedì 6 marzo 2012

Casa-Museo Boschi Di Stefano


Dove: via G. Jan 15, 20129 Milano
Quando: dal martedì alla domenica dalle 10.00 alle 18.00
Ingresso: gratuito
Sito web: www.fondazioneboschidistefano.it

Nel cuore di Milano, a due passi da Porta Venezia e dalla fermata della metropolitana Lima, un appartamento in una bellissima palazzina in stile Liberty custodisce una straordinaria collezione di arte italiana del XX secolo. L’appartamento fa parte del circolo Case Museo di Milano, che comprende Villa Necchi Campiglio, il Museo Bagatti Valsecchi e il Museo Poldi Pezzoli.

La Casa-Museo Boschi Di Stefano, aperta al pubblico dal 2003, nasce dalla donazione alla città di Milano dei locali e della ricchissima collezione - comprendente più di duemila pezzi tra dipinti e sculture - dei coniugi Antonio Boschi (1896-1988) e Marieda Di Stefano (1901-1968).
Marito e moglie, entrambi appassionati d’arte, ferventi collezionisti e stretti amici di tutti gli artisti di cui compravano le opere, hanno negli anni accumulato così tanti dipinti da non lasciare alcuno spazio libero sulle pareti dell’appartamento. Fotografie d’epoca mostrano che in alcune stanze persino le finestre erano oscurate da enormi dipinti. Per ragioni di sicurezza e per inevitabili selezioni e scelte stilistiche pensate per facilitare la fruizione del pubblico, le pareti, pur apparendo lo stesso cariche di quadri dal pavimento fino al soffitto, sono state alleggerite di moltissime opere, tanto che delle iniziali duemila oggi ne sono esposte circa trecento. 

E’ impressionante, una volta dentro alle stanze, rendersi conto di come una palazzina Liberty in fondo simile a tante altre a Milano, custodisca al suo interno decine di opere della maggior parte dei grandi nomi dell’arte italiana del ‘900: da Funi, Marussig, Tozzi e Carrà, a Casorati e Morandi, e ancora da Sironi (a cui è dedicata un’intera stanza) alle sculture di Arturo Martini, da De Chirico a Fontana e Piero Manzoni.
Visitando le stanze l’impressione non è solo quella di visitare - occhi fissi sulle pareti - una casa che sorprendentemente raccoglie in sé tutto il novecento artistico italiano, ma è anche quella di un viaggio alla scoperta della personalità dei due coniugi che in essa si identificavano, che credevano così fermamente in ogni loro acquisto da non vendere mai un pezzo comperato, che erano così immersi nel mondo artistico a loro contemporaneo da percepire la forza e il potenziale di nuove forme espressive che allora erano solo gli albori.
Una coppia la cui forza visionaria e la cui sensibilità artistica si possono cogliere soprattutto a posteriori, quando camminando in quelle stanze ci si rende conto che i dipinti che i coniugi avevano comprato da artisti giovani e ancora poco noti, sono in realtà oggi i famosissimi e iperquotati Fontana, Sironi, Manzoni, De Chirico, Carrà, Morandi.

Una visita alla Casa-Museo Boschi Di Stefano è un inizio piacevole, rassicurante ma assolutamente interessante per il nostro viaggio nell’arte contemporanea a Milano. Un prima tappa perfetta perché capace di conciliare le opere delle avanguardie italiane con un’atmosfera accogliente e protettiva, ben lontana dallo spaesamento che a volte provocano alcune mostre di arte contemporanea. Con la Casa Boschi Di Stefano, dopotutto, siamo ancora nelle acque tiepide di un vicino passato.  


Cos'è Contemporaneami?


Benvenuti su Contemporaneami,
un blog su arte contemporanea, mostre, eventi…su tutto ciò che la creatività di oggi ci propone in giro per Milano, e su ciò che Milano  ci propone della creatività di oggi.

Il punto di vista che vorrei dare a questo blog non è quello del critico d’arte, anche perché critico d’arte non sono. Questo è un blog che creo per divertirmi e per imparare, per scrivere di ciò che mi piace e condividerlo con qualcuno, e per far sì che chi lo legge ne tragga informazioni utili e magari qualche spunto per visitare una mostra in più.

I post che troverete sotto forma di recensione di mostre o eventi vogliono essere degli inviti, dei piccoli sentierini che spero possano incuriosirvi verso la mostra di un artista che non conoscevate, o spingervi ad uscire una sera e decidere di passarla andando a una mostra.

Le recensioni - anche se non trovo che questo sia il termine più adatto per definire quello che vorrei fare – i “sentierini” insomma, che troverete su questo blog saranno pubblicati sempre e solo in seguito a una mia effettiva visita alla mostra, museo o evento in questione. Forse questa è una cosa ovvia ma è sempre meglio specificare.

Inizia il nostro tour in presa diretta nella Milano dell’arte contemporanea!